domenica 11 gennaio 2015

Riassunto delle puntate precedenti - parte prima

La Coopca è una cooperativa di consumo appartenente all'ampio mondo delle Coop. Nasce in un piccolo paesino in mezzo alla Carnia nel lontano 1906, e prende appunto il nome di Cooperativa Carnica, da cui Coopca. Nel corso degli anni la Coopca fa più o meno quello che fanno le altre cooperative di consumo: ovvero gestiscono negozi sul territorio e raccolgono il cosiddetto “prestito sociale”, ovvero i soldi che i soci conferiscono alla cooperativa e che questa usa per finanziare le sue attività, riconoscendo un interesse ai prestatori.

Negli ultimi anni la cooperativa sembra avere qualche difficoltà, qualche ora di cassa integrazione perché, si sa, i consumi delle famiglie oggi sono quello che sono. Ma niente di preoccupante, dicono gli amministratori alle assemblee; tutto sotto controllo, scrivono i revisori del bilancio; la Coopca è un istituzione per il nostro territorio, dichiarano i politici.

Il 16 ottobre 2014, a Trieste, scoppia una bomba: la procura chiede il fallimento di Cooperative Operaie di Trieste. I risparmiatori si presentano presso gli sportelli del prestito sociale e lo trovano chiuso per “guasto tecnico”, un modo piuttosto originale per spiegare che “non ci sono i soldi”.
E a questo punto tanti risparmiatori si muovono e si recano presso la cooperativa in cui hanno versato i propri risparmi per averli indietro. Coopca tranquillizza i suoi risparmiatori: la nostra situazione è diversa, il nostro prestito sociale è ampiamente nei parametri rispetto al patrimonio netto.
Coloro che vanno a chiedere di prelevare dei soldi, si sentono però rispondere con tempi mai sentiti prima. Io mi reco presso uno sportello il 30 ottobre e un imbarazzatissimo impiegato mi spiega che, a causa di quello che è successo a Trieste, si è scatenata una corsa al prelievo che ha reso difficile la gestione della liquidità per la Coopca. Mi spiega che la cosa è assolutamente ingiustificata vista la situazione economica della Coopca, ma, in conclusione, io non potrò avere i soldi che chiedo prima della fine di novembre.
Probabilmente nella faccia paonazza dell’impiegato c’era già scritto tutto quello che sarebbe accaduto in seguito.

Il 18 novembre 2014 i soci Coopca vengono “svegliati” dalla notizia del giornale radio regionale della mattina: la loro cooperativa ha chiesto il concordato preventivo, in sostanza gli amministratori si sono presentati in tribunale e hanno detto: “non siamo in grado di pagare i debiti che abbiamo, dateci 60 giorni di tempo per inventarci qualcosa”. Per la legge italiana, in quei 60 giorni, la società è protetta da eventuali aggressioni legali da parte dei creditori, ed ha cosi la possibilità di fare un piano di ristrutturazione del debito.
“Ristrutturare il debito” è un’espressione piuttosto generica, che potrebbe significare semplicemente dilazionarne il pagamento, oppure pagarne solo una parte. Sì, proprio così. Ti dovevo 1000 €? Cosa ne dici se te ne rendo solo 300? Ma certo, nessun problema, fai pure 250.
Ma questa non è ancora la notizia peggiore per i risparmiatori. Questi scoprono infatti che, se la situazione si rivelasse irrecuperabile e si arrivasse al fallimento della cooperativa, gli ultimissimi creditori che verrebbero soddisfatti sono proprio loro. Dopo il curatore fallimentare, dopo i dipendenti, dopo l’Erario, dopo gli Enti previdenziali, dopo le banche, dopo i fornitori, dopo l’obolo per la parrocchia, in fondo in fondo, ci sono loro: i soci prestatori. E perché mai questa cattiveria? Semplice: perché in realtà loro sono i proprietari della società e quindi, giustamente, in caso di fallimento della stessa, i loro diritti saranno gli ultimi ad essere soddisfatti.

Nessun commento :

Posta un commento